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"Thorne: Battere la crisi con l'innovazione", intervista all'Ambasciatore USA

L'Ambasciatore USA David H. Thorne

L'Ambasciatore USA David H. Thorne

Roma, 27 luglio 2012

La seguente intervista è apparsa sul quotidiano "L'Opinione" del giorno 27 luglio 2012

Per chi, come il sottoscritto, ha un cuore mezzo americano ma risiede in Italia, l’ambasciatore degli Stati Uniti è un importante punto di riferimento. A rappresentare gli Stati Uniti d’America a Roma c’è dal 2009 l’ambasciatore David Thorne, che è cresciuto qui perché figlio di Landon Thorne Jr., incaricato nel 1953 dall’allora presidente Eisenhower di amministrare il Piano Marshall in Italia. Thorne parla bene l’italiano, è sposato e padre di due figli e le sue origini sono a Boston, Massachusetts, dove si è occupato di investimenti e imprenditoria in diversi settori e di arte.

Ambasciatore Thorne, la crisi economica ha duramente colpito i nostri paesi e per alcuni minaccia di stravolgere il modello di capitalismo occidentale che ha visto negli Stati Uniti d’America il leader del mondo libero occidentale. Noi siamo di parere diverso, crediamo anzi che il capitalismo occidentale sia ancora la risposta ai problemi economici mondiali, a partire dalle libertà economiche da sempre identificabili con il suo paese. Ci sbagliamo? Quando e come usciranno gli Stati Uniti dalla crisi economica?

L’economia mondiale è stata colpita negli ultimi quattro anni da una serie di shock finanziari, ed è normale che ci sia un po’ di pessimismo. Tutti insieme dobbiamo resistere a questa tentazione e guardare oltre, innovare, far crescere le nostre economie e adattarci al cambiamento così da poter creare opportunità economiche per i più giovani. Quando la crisi colpì gli Usa nel 2008, l’amministrazione Obama si mosse velocemente per sostenere il settore finanziario e fornire un importante incentivo all’economia. Non abbiamo ancora raggiunto il livello di crescita necessario alla piena occupazione, ma sono convinto che siamo sulla giusta strada. Come lei, anch’io credo nello spirito Americano. Anche l’Europa ha gli strumenti e le risorse per superare la sua crisi. Il presidente Monti è stato decisivo in Italia e gioca un ruolo fondamentale in Europa. Grazie a lui i leader europei non solo stanno discutendo su come ridurre il debito, ma anche su come far crescere l’economia dell’Eurozona.

Lei è molto attivo in prima persona e tramite l’ambasciata sul fronte della promozione e dell’incentivazione all’innovazione presso il nostro paese. Perché è così importante questo tema per la crescita dell’Italia?

L’innovazione e l’adozione di nuove tecnologie e attività di business generano una crescita di produttività, che è il motore della crescita economica in ogni paese. In Italia io vedo molte potenzialità per l’innovazione nell’economia digitale, un’area in cui il resto d’Europa e gran parte del resto del mondo sta già decisamente avanzando. Anche se solo la metà degli italiani usano internet, il paese mostra un crescente uso degli smartphone ed un alto livello di attività nei social media. Questi trend dimostrano un forte interesse in questi settori, e una grande potenzialità affinché essi possano sviluppare piattaforme per il commercio ed altre attività economiche. L’Italia è sul punto di proiettarsi in avanti verso l’era digitale e l’enorme ritorno economico da essa generato. Per questo ho promosso con passione l’innovazione in Italia, specialmente mediante il Digital Economy Forum, che riunisce esperti digitali americani, italiani ed europei insieme per condividere le loro idée. Anche in tempi di crisi, il mondo digitale garantisce opportunità per la crescita.

Gli Stati Uniti votano a novembre per la Casa Bianca, un terzo del Senato e l’intera Camera dei rappresentanti. E’ ogni volta la ripetizione e al tempo stesso l’evoluzione della grandezza del modello istituzionale americano. Qual è il segreto del successo di questo modello? Pensa che si potrebbe importare all’interno delle istituzioni europee?

Ogni Paese si dota delle istituzioni appropriate alle proprie tradizioni. In politica, è importante per gli elettori sentirsi coinvolti nel processo democratico. I cittadini che si sentono parte del governo del popolo sono spinti a sostenerlo. Uno dei modi per ottenere ciò è tramite i social media, al fine di mantenere il pubblico in contatto con un processo altrimenti distante. Twitter e Facebook sono strumenti preziosi per funzionari pubblici e istituzioni che possono con un semplice tweet aggiornare i cittadini circa le proprie opinioni, e danno modo a questi ultimi di dare ai primi un feedback diretto, che è estremamente importante. Io ho promosso l’introduzione dei social media nella campagna del senatore Kerry per le elezioni del 2004, ma è stato poi il presidente Obama nella campagna del 2008 a mostrare le loro straordinarie opportunità. Oggi, credo che sia la campagna di Obama che quella di Romney usino costantemente i social media come strumento di comunicazione con la loro base elettorale. Da quel che ho visto, anche la classe politica italiana ha rapidamente adottato internet e in particolar modo i social media come mezzo di campagna elettorale.

Lo stato dei rapporti diplomatici, politici, culturali e commerciali fra gli Stati Uniti e l’Italia è storicamente eccellente. Cosa si può fare per migliorarli ulteriormente?

L’Italia e gli Usa hanno storicamente mantenuto una forte relazione basata sul reciproco apprezzamento, rispetto, legame culturale e armonia degli obiettivi politici. Entrambi i paesi hanno lottato duramente per la propria unità nazionale e condividono orgoglio e spirito indipendente. Siamo in un momento di relazioni bilaterali particolarmente eccellenti. Il premier Monti ha seguito la tradizione dei suoi predecessori e si è dimostrato un affidabile e fedele alleato degli Stati Uniti su molti fronti. Sta mirabilmente muovendosi all’interno dell’eurocrisi, e noi siamo pienamente fiduciosi nella capacità dell’Italia di progredire verso tempi migliori. Dal punto di vista commerciale, sebbene i rapporti siano molto forti, mi piacerebbe vedere una ulteriore crescita nella quota di scambi fra i due paesi.

C’è un contesto per il quale il modello italiano potrebbe essere studiato ed adottato negli Stati Uniti? E viceversa?

L’Italia ha una lunga e antica storia che ha dato al mondo molto di più oltre ai tradizionali temi relativi all’arte e alla cucina. Il mio collega e amico Claudio Bisogniero, ambasciatore italiano a Washington, ha recentemente annunciato che il 2013 sarà l’anno della cultura italiana negli Stati Uniti. Questa iniziativa sarà volta ad aumentare la conoscenza da parte degli americani dei successi Italiani nelle scienze, nella tecnologia, nell’arte e altro ancora. Penso che sia una grande idea, e sono sicuro che non solo impareremo molto a proposito delle tante cose fatte dagli italiani, ma spero che servirà anche come ponte per sviluppare affari e opportunità comuni tra Italia e Usa.

Si è celebrato da qualche giorno il 4 luglio. Noi siamo grandissimi ammiratori degli Stati Uniti e fortemente grati al suo paese per ciò che ha fatto, dato e rappresentato, per l’Italia e non solo. Ci può raccontare brevemente la forza del rapporto dei suoi connazionali con il vostro paese, celebrato simbolicamente il giorno dell’Indipendenza?

L’Independence Day, più noto come 4 luglio, è una delle mie feste preferite. Come il Thanksgiving è una festa tipicamente americana. A prima vista, si potrebbe dire che il 4 luglio è fatto di meravigliosi fuochi d’artificio, sfilate e picnic in famiglia. Ma questo giorno rappresenta anche l’inizio di una lunga battaglia, quando i coloni decisero di voler vivere come uomini e donne liberi. Si trattò di una lotta per l’indipendenza da un dominio straniero, che unì insieme le diverse colonie in una unica, singola entità. Oggi queste lotte assumono ulteriore rilevanza. In mancanza di una leadership, le 13 colonie erano male equipaggiate per prendere le necessarie comuni decisioni a proposito di legge, bilancio e rappresentatività. Ugualmente, gli stati europei fronteggiano oggi problemi relativi ai rapporti tra le autorità nazionali e quella sovranazionale europea. Alla festa del 4 luglio di quest’anno a Villa Taverna ho citato un passaggio del grande Benjamin Franklin che disse: «Dobbiamo tutti restare uniti, altrimenti moriremo tutti individualmente». Insieme, l’Europa può fare come ha fatto l’America. Lei è cresciuto a Roma, negli anni d’oro del boom economico che, qui a L’Opinione non lo dimentichiamo, si è sviluppato anche grazie ai generosi aiuti americani del Piano Marshall. Com’è il suo rapporto con l’Italia e con Roma? È vero, sono cresciuto a Roma ed ho imparato presto ad apprezzare la gente, la lingua e il modo di vivere italiani. Si sa che mi diverte molto seguire il calcio e amo molto andare allo stadio e fare il tifo per gli azzurri, con la sola eccezione di quando giocano contro gli Stati Uniti. L’italiano è diventato la mia seconda lingua, e l’Italia è la mia seconda casa, anzi non esito a definirla “la mia seconda patria”. Mi considero incredibilmente felice e fortunato di poter vivere e lavorare qui.

Intervista di Umberto Mucci